Un tempo le compagnie armatoriali italiane erano per lo più a conduzione familiare. Le più forti lo sono ancora e lo saranno ancora per almeno un’altra generazione. Ma tutte le altre, tutta la miriade di piccole e strategiche compagnie marittime, soprattutto del Meridione, non ci sono più.
Il mondo e cambiato. La crisi del credito iniziata una decina di anni fa ha definitivamente finanziarizzato il mondo armatoriale, con tutte le conseguenze che comporta una cosa del genere in un’economia così importante come lo shipping, un settore che riveste un peso rilevante, sia sotto il profilo del reddito e dell’occupazione prodotta, sia per gli effetti indotti su molti altri settori industriali, commerciali e di servizi. La proprietà si è separata dall’impresa.
Oggi questi armatori sono meno autonomi, in alcuni casi neanche più azionisti di maggioranza. Sono meno autarchici come imprenditori ma più autonomi come investitori. La finanziarizzazione, l’acquisizione di queste società da parte di fondi di investimento; le alleanze, le fusioni; hanno spinto l’armamento verso la diversificazione dei servizi, che oggi si vanno oltre il carico e lo scarico della merce dalla nave estendendosi su tutta la catena logistica .
Questa analisi è emersa da un dibattito al convegno annuale internazionale organizzato dallo Studio Legale Lauro che ha visto riuniti a Napoli (quest’anno il 9 e 10 ottobre) armatori, banche, assicurazioni e professionisti coinvolti nelle attività marittime.
(Fonte: Informazioni Marittime)